SANNA 2 - LA FIORITURA

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SUORA SARA'  Il musical si apre con la stessa scena del finale dell’opera precedente “SANNA”. Siamo nella stanzetta dove padre Sanna vive i suoi ultimi giorni, e dove in solitudine conversa con il suo angelo custode, che gli fa intuire come l’istituto da lui fondato fiorirà nel tempo. Ma questo momento di contemplazione viene bruscamente interrotto dall’entrata in scena della Maestra delle novizie, che bussa alla porta, entra nella stanzetta e si lamenta con padre Sanna per il comportamento di una elle novizie (Amalia). E lì padre Sanna, contro tutte le previsioni, profetizza “Quella, suora sarà”. A questo punto l’Angelo custode rivela che – nelle vicende di Amalia che il musical sta per raccontare – sono racchiuse le vicende stesse della congregazione, perché le gioie e le lotte di Amalia sono le gioie e le lotte i ciascuna delle figlie, in una meravigliosa storia di amore e di maternità. .

VIENI VIENI  Il secondo brano è ambientato a Irsina, nella casa paterna di Amalia. Amalia fin da bambina sente l’attrazione per la vita delle suore, tanto da starsene sempre in convento con loro, ma a un certo punto, per disposizione del nuovo vescovo succeduto a padre Sanna, mons. Forzone, viene prelevata dai suoi e riportata di forza a casa. Per protesta Amalia barrica in camera sua e non vuole più prendere cibo. I genitori sono disperati. Ma se Amalia riesce a protrarre per così tanti giorni il suo sciopero della fame è perché in giardino ci sono delle sue amichette che, furtivamente, gli passano da mangiare attraverso la finestra. Alla fine il papà di Amalia implora dal vescovo il permesso di riportarla in convento. Amalia ha vinto!

SE VI HO CHIAMATA QUI  Il Vescovo convoca Madre Lucia, che in quegli anni è la superiore delle suore. Madre Lucia. come sempre, ha al suo fianco Amalia, che ora ha preso il nome di suor Elisabetta, e che la accompagna ovunque, in qualità di autista e anche un po’ come sua “segretaria personale”. Il vescovo - attorniato da consiglieri incappucciati che ripetono ogni sua invettiva parola per parola - rilancia contro madre Lucia le accuse che gli giungono da più parti, e le toglie il governo della congregazione. Madre Lucia – che è anche ammalata - si sente venire meno. Elisabetta cerca di soccorrerla. Sulla via del ritorno Elisabetta dice a madre Lucia: “Oh, come vorrei portare almeno un po’ del vostro peso”. E madre Lucia accoglie l’offerta, e cerca di capire con Elisabetta quale possa essere l’opera più adatta che la congregazione può svolgere per mostrare al vescovo e alla chiesa tutta che l’istituto è opera di Dio. E si intravede la scuola.

A VOI AFFIDO  Madre Elisabetta prende su la direzione della scuola, e la porta a grande sviluppo, superando avversità di ogni genere. Le lotte e le fatiche che deve superare sono improbe, ma Madre Elisabetta conduce tutto con immenso coraggio e determinazione. Ma da dove prende tanta forza? Il brano che segue è ambientato in una cappella, con Madre Elisabetta che prega padre Sanna. Il Padre è ormai in paradiso, ma Madre ELisabetta continua ad avere con lui un rapporto specialissimo. Madre Elisabetta gli chiede una grazia, e la ottiene, ne chiede un’altra e arriva anche quella… Padre Sanna, dal paradiso, attorniato dal suo Angelo Custode e dagli altri angeli, le risponde nel cuore, e le rivela come tutte le prove che lei sta affrontando sono simili a quelle che ha dovuto sopportare lui stesso. Perché è solo in questo modo che si porta avanti un’opera di Dio.

IL CANTO DI SUOR MADDALENA In questo canto, suor Maddalena una delle prime suore partite missionarie per il Brasile, racconta quale ruolo materno madre Elisabetta abbia svolto nella ricomposizione di quella che poteva essere una frattura all’interno della congregazione. Infatti, in terra di missione, l'operosità delle suore aveva conosciuto uno sviluppo impensato e splendido, ma poi la lontananza e la diversità di ambiente e di situazione avevano creato quasi una incomunicabilità, tra l’Italia e il Brasile. Ed ecco Madre Elisabetta prendere l’aereo e recarsi una, due, più volte oltre oceano, per far sentire alle suore di lì la vicinanza della congregazione, e la sua maternità.

NOI CHE TI CHIAMIAMO MADRE La scena rappresenta madre Elisabetta attorniata dalle sue suore. Una di esse, la più vicina, le posa il capo sul grembo. E si eleva il canto della maternità di madre Elisabetta proprio nei confronti delle sue suore (mentre i brani che seguono guarderanno ancora più in là, raccontando della maternità di Madre Elisabetta per la città e per ogni prossimo). E' una maternità, questa, che ha tutte le caratteristiche della maternità umana, come lo stare in pena per ciascuna, aspettarne il ritorno a casa, il seguire, pregare, farsi debole, sorvolare, sopportare, ricucire gli strappi, ammonire, “ingoiare”, essere semplice e sorridente per incoraggiare e far intendere che con l’aiuto di Dio tutto si può superare, e che fa sentire ciascuna, anche se fra tante, amata di un amore esclusivo. Ma è anche una maternità che affonda le sue radici nella fede, e che quindi ha un di più: fa essere Madre Elisabetta e le sue suore un cuor solo e un’anima sola.

MERAVIGLIATI O MADRE Dopo una vita passata a educare i bambini, succede a volte che ora Madre Elisabetta, per strada o altrove, viene salutata da persone che lei non riconosce... e che non può ricordare, tante esse sono! Sono i bambini di un tempo, quelli che sono passati per sua la scuola! E così Madre Elisabetta ricambia il saluto, e il suo cuore si riempie di meraviglia per tutta questa inimmaginabile fioritura di bene che vede intorno a sé, nella città e oltre la città. Tutto ciò fa ricordare la parabola di Gesù: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa ». E tutta questa incontenibile fioritura è a lode del padre Sanna, che ha fatto nascere la congregazione.

LA TUA STORIA SPLENDE In questo brano finale si contempla la maternità di Madre Elisabetta che si estende oltre la cerchia delle sue suore, oltre le mura della città, e anche oltre gli oceani. Perché è la maternità stessa della congregazione. Nelle parole cantate da Madre Elisabetta riecheggia il “nunc dimittis” del vecchio Simeone, il canto di chi, prima di lasciare le attività di questo mondo, ha la gioia di percepire il futuro e la salvezza di tutto il suo popolo. Come il vecchio Simeone infatti, anche Madre Elisabetta innalza il suo grazie a Dio che, ispirando prima padre Sanna e poi di lei stessa, ha fatto fiorire un’opera che, ora, viene portata avanti dalle suore che lei ha amato, fortificato e avviato a poggiare, così come la Vergine, unicamente in Lui.

LA TUA STORIA SPLENDE - REPRISE